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Ala Bramante

L’Ala Bramante, monografia pp. 4 di Antonello Anappo (Fondo Riva Portuense, Roma 2004 )

 

Il salone d’onore o “Sala delle Muse” era il luogo di ricevimento ufficiale del Castello della Magliana, ritrovo tra il 1513 e il 1521 del cenacolo letterario di papa Leone X Medici, cui presero parte Raffaello, Michelangelo, Bramante, Machiavelli e Guicciardini.

L’impianto architettonico rettangolare risale al Sangallo, su commissione del cardinale Alidosi da Pavia, il cui titolo “F. card. papiensis” compare sull’architrave d’ingresso. Alidosi riesce a completare lo scalone (con una Madonna del Perugino, oggi scomparsa), la loggia, il camino monumentale con dedica a Papa Giulio e i pavimenti in maiolica con i colori dei Della Rovere, ma la sala ha ancora l’aspetto di uno stanzone vuoto. Papa Leone X prosegue i lavori, trasformandola in una cassa armonica da teatro, dall’acustica perfetta grazie alla sopraelevazione del tetto e ai controsoffitti avvolgenti con lacunari in legno. Leone X fa affrescare le pareti, con un fregio di alloro, aquile e gigli medicei che incorniciano un paesaggio agreste, in cui compaiono le superbe figure mitologiche di Apollo e le Muse, opera di Gerino Gerini. I quadranti di Apollo e delle Muse sono state distaccati nel 1869. Si trovano oggi a Palazzo Braschi.

 
 

Nella primavera 1517 avrebbe dovuto consumarsi alla Magliana un efferato delitto, maturato negli ambienti del Sacro collegio, sotto la guida del cardinale decano Raffaele Riario e di Alfonso Petrucci da Siena.

Il cardinal Petrucci - riferisce lo storico Guicciardini - nutre verso la vittima designata, Papa Leone X Medici, un incolmabile rancore, fin da quando alla morte di suo padre Pandolfo Petrucci, signore di Siena, il pontefice aveva messo la città sotto protettorato. Petrucci, “ardendo di odio e quasi ridotto in disperazione, aveva avuto pensieri di offenderlo violentemente con l’armi”, ma alla fine la vendetta prende la strada sottile dell’intrigo rinascimentale.

Papa Leone, prossimo come ogni anno alla partenza primaverile per la Magliana, è infatti colto da un imbarazzante doloretto alle parti basse (una fistola “in ima sede”, dice Guicciardini). E Petrucci, venutolo a sapere, è deciso a somministrargli una medicina avvelenata, tramite Mastro Battista da Vercelli, “famoso chirurgo e molto intrinseco suo”. Mastro Battista in verità è, sì, famoso, ma il suo passato non è dei più limpidi: cavadenti (dentista), medico di cataratte, mal della pietra (calcoli renali) e mal francioso (sifilide), bandito da Venezia, era stato accolto a Siena con pubblici onori. L’umanista Paolo Giovio descrive Mastro Battista come “impurus, crudelis, fallacissimus” (sporco, crudele e gran bugiardo), ma dotato di “ingenio expedito et singularis digitorum argutia” (intelletto brillante e mani d’oro).

Dei necessari appoggi a corte si occupa il cardinal Raffaele Riario, da sempre tessitore di congiure e avversario dei Medici fin dai tempi della congiura dei Pazzi. Riario prepara la strada a Mastro Battista facendo licenziare il medico papale Jacopo da Brescia.

 
 

L’incontro fra Papa Leone e il nuovo dottore, Mastro Battista da Vercelli, avviene a inizio giugno 1517, probabilmente già alla Magliana, dove il pontefice trascorre la bella stagione.

Papa Leone è afflitto da un terribile dolore al fondo schiena, ma Papa Leone non si fida affatto. Adducendo una “salutari quadam verecundia” (un certo salutare pudore) rifiuta di mostrargli la parte dolente, e sguinzaglia le spie. Viene così a sapere, intercettando una lettera cifrata, che è in atto una congiura per avvelenarlo. Aiutato dal procuratore fiscale Mario da Perusco Papa Leone dà il via alla raffinata rinascimentale vendetta. Invia una lettera amichevole al cardinale Alfonso Petrucci, capo dei congiurati, invitandolo a Roma, e spedisce Mastro Battista verso Firenze, a curare un caso di sifilide.

Giunto a Roma, Petrucci finisce direttamente a Castel Sant’Angelo e viene strangolato dal Moro Rolando, non prima però di aver fatto i nomi di tutti i congiurati. Il 22 giugno i porporati Riario, Sauli, Volterrano e Castellanese sono spogliati della dignità cardinalizia, mentre Mastro Battista, ricondotto a Roma, viene torturato e squartato vivo.

Il 24 agosto per i 13 congiurati arriva il perdono: Papa Leone concede a tutti la gratia sub condicione, cioè un’indulgenza a pagamento. Per Riario il prezzo è altissimo: deve consegnare il suo sfarzoso palazzo urbano, appena completato dal Bramante, che diventa da allora sede della Cancelleria papale. Alcuni autori moderni (L. Gualino e R. Bettica-Giovannini) sostengono con documenti d’archivio l’innocenza di Mastro Battista. Di certo la congiura fu per Papa Leone un gigantesco e provvidenziale affare.

 


Castello della Magliana, olio su tela cm 30 × 47 di Anonimo, in Collezione d’Arte (Corridoio) inv. 26 /A

L’Ala Bramante, monografia pp. 4 di Antonello Anappo, in Biblioteca (Sala 2) inv. 120 /B

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Castello della Magliana - Ala Bramante (foto di Giuliano Stillo, altre 320 immagini nel Fondo fotografico)

scheda inventariale

Inventario

 

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